Chi sei, chi non sei

Adam Kelno è un medico, un chirurgo. Adam Kelno salva le vite, è una brava persona. Adam Kelno è anche un polacco, un ebreo, un nazionalista. Adam Kelno è un eroe. O no? Il romanzo di Leon Uris, capolavoro della letteratura contemporanea e pietra miliare dello Sgretolamento di ciò in cui crediamo e di ciò che pensiamo di sapere. 

 Polonia, 1945. La guerra sta finendo e una fredda notte un soldato vede arrivare dai campi un uomo, tremante, sanguinante e barcollante, sfinito dalla fatica e dalla fuga. Quell’uomo viene portato in ospedale, curato, rimesso in sesto e dimesso. Quell’uomo è il dottor Adam Kelno, che appena ne ha occasione parte alla volta dell’Inghilterra, lasciandosi per sempre alle spalle la Polonia e l’orrore del campo di concentramento di Jadwiga. A Londra incontra Angela, la donna che ben presto diventa sua moglie, e con lei vive l’inizio di una vita che si prospetta meravigliosa, finché un giorno due messi giungono con atroci notizie: il dottor Kelno è in arresto e in attesa di estradizione in Polonia per crimini di guerra contro l’umanità. 

Nonostante gli avvocati e le istanze di revoca della richiesta, Adam Kelno viene estradato in Polonia, dove passa quasi due anni in carcere. In questi due anni sia i suoi avvocati sia il governo polacco cercano prove, gli uni dell’innocenza di Kelno, gli altri della sua colpevolezza. Il dottore è accusato di aver preso accordi con i tedeschi per rimanere vivo e in salute in cambio dei suoi servigi di medico nella baracca numero 5 del campo di concentramento di Jadwiga, dove si effettuavano esperimenti su cavie umane. I testimoni a favore del governo polacco, però, non sono sufficienti a sovrastare quelli a favore del dottor Kelno, che proclamano a gran voce quanto egli sia buono, onesto e coraggioso, un eroe di guerra, che ha salvato centinaia di persone dalla morte e fatto fuggire diversi prigionieri verso la libertà. Adam Kelno viene scarcerato con le profonde scuse del governo polacco. 

Per evitare il giudizio degli inglesi, il disonore di essere stato in prigione e l’amarezza per il sospetto della gente, il dottor Kelno prende la moglie e il figlio nato durante la sua reclusione e si trasferisce in estremo Oriente, in uno dei protettorati d’Inghilterra di nome Fort Bobang, dove rimane per quindici anni a migliorare le condizioni igienico-sanitarie e nutrizionali degli indigeni, inventando un sistema di coltivazione e sfruttamento del territorio che gli vale il riconoscimento di un cavalierato da parte della Regina. 

 Il suo ritorno in Inghilterra è costellato di onori e successi. Sir Adam Kelno è un eroe di guerra, un uomo di grande sensibilità umana, un medico capace e competente, una persona eccezionale che ogni famiglia vorrebbe annoverare tra le sue conoscenze, un personaggio la cui levatura nessuno può mettere in dubbio, tant’è palese la sua bontà e disponibilità verso gli altri. La sua immagine è nitida e pulita, trasuda onore da tutti i pori. Finché Abraham Cady, uno scrittore determinato, un ex giornalista, ebreo e americano, non raccoglie nel volume intitolato L’olocausto la storia dello sterminio degli ebrei polacchi, citando come uno dei maggiori carnefici del genocidio il dottor Adam Kelno, direttore medico del campo di concentramento di Jadwiga, primo chirurgo della baracca numero 5, torturatore e assassino. 

Per Adam Kelno inizia il calvario: ormai sono passati più di vent’anni dalle atrocità di Jadwiga e dal processo per crimini di guerra, e la sua immacolata reputazione viene di nuovo messa in dubbio da uno scrittore il cui testo ha fatto il giro del mondo ed è sulla bocca di tutti. Il successo del volume, con nuove prove e testimonianze a supporto della colpevolezza del dottor Kelno, induce il governo a riaprire il caso: nell’aula QB VII del tribunale della Regina numero 7 del palazzo di giustizia di Londra, vengono chiamati testimoni e sopravvissuti del campo di concentramento di Jadwiga, gli uni (pochi) a supporto di Adam Kelno, gli altri (la maggior parte) che ne testimoniavano la glaciale indifferenza durante gli esperimenti effettuati costantemente senza anestesia. In quell’aula entrano uomini e donne resi incapaci di procreare, castrati e sterilizzati come animali, in condizioni igieniche insufficienti alla completa guarigione delle ferite, sui quali i carnefici e i soldati hanno infierito fino a provocare loro danni psicologici permanenti, e raccontano le loro struggenti storie, indicando tutti con sicurezza il dottor Kelno come autore delle pratiche mediche sperimentate su di loro. Il controinterrogatorio dell’avvocato del dottore, invece, li mette più alle strette. Nessuno di loro è davvero in grado di identificare Adam Kelno come il medico che ha effettuato sperimentazioni dannose su di loro, perché il dottore in questione, chiunque egli fosse, indossava sempre una mascherina che impediva ai pazienti di vederlo in faccia. I detenuti del campo di concentramento sapevano che il dottor Kelno era il direttore sanitario di Jadwiga, ma nessuno in aula può provare concretamente che fosse lui in persona il reale colpevole, e dopo quasi trent’anni le prove materiali come i registri medici del campo e gli elenchi dei prigionieri, i codici delle procedure e l’archiviazione dei segnali delle guardie, sono andate perdute – in parte distrutte dalle guardie alla fine della guerra, in parte smarrite tra le macerie del campo.  

 Adam Kelno viene scagionato per mancanza di prove e prosciolto da tutte le accuse, e l’opinione pubblica ne è ben lieta. Nessuno poteva realmente credere che quella persona integerrima, quell’eroe dell’umanità, quell’impeccabile individuo fosse in realtà un sanguinario carnefice. Una sola persona rimane perplessa: Terrence Campbell è il pupillo di Kelno, il migliore amico di suo figlio Stephan, l’unico giovane di Fort Bobang a essersi interessato di medicina. Nel tornare in Inghilterra Kelno lo aveva portato con sé per farlo studiare nei migliori atenei di inglesi e farlo diventare un grande medico. Terry lo conosce, addirittura meglio di Stephan e di sua moglie: ha visto le ombre che lo circondano e conosce la storia di Jadwiga e delle accuse che gli erano state rivolte dopo la guerra. Terry ha dei dubbi. Mentre tutta la società londinese (ed europea) festeggia la riabilitazione del dottor Kelno, Terry lo affronta nelle ultime pagine del romanzo, fino a quell’ultima, breve riga: 

 

«Mi hai mentito Adam.» 

«Mentito! Ho fatto tutto questo per via di te e di Stephan.» 

«Te ne ringrazio. Ora fatti da parte.» 

«No.» 

«Cos’hai intenzione di fare? Tagliarmi le palle?» 

«Tu… tu… tu sei come tutti gli altri. Anche tu vuoi la mia distruzione. Ti hanno pagato per lasciarmi. È la solita congiura!» 

«Sei un maledetto paranoico che ha passato la vita a tagliare via le palle agli ebrei per vendicarti di tuo padre. Non è così, sir Adam?» 

Adam lo schiaffeggiò sulla bocca. «Ebreo!» urlò. Colpì Terry più volte con la mano aperta. «Ebreo! Ebreo! Ebreo! Ebreo!»

 

 Quell’ultima, breve riga che è una stoccata nello stomaco del lettore, che non crede ai suoi occhi e medita tra sé e sé: “Anche io avevo creduto alle prove, anche io avevo intuito la sua innocenza, il dottore deve essere innocente!” 

 Leon Uris ha dato al mondo un romanzo di finzione basato sui processi reali che occorsero nell’aula QB VII, un romanzo che è l’emblema di diversi tipi di Sgretolamento: di quello di un uomo e della sua anima, quando lo vediamo disperarsi per l’accusa evidentemente ingiusta di qualcosa di atroce che non ha commesso; di quello di una famiglia, distrutta dal peso delle accuse e delle consapevolezze segrete e non dette; di quello di un nome, altisonante, eroico ed emblematico; di quello della fiducia riposta da qualsiasi essere umano nella figura del medico; e di quello dell’immagine di un uomo come dovrebbero vederlo i suoi figli: un eroe per loro e per il mondo intero, la cui immagine riflessa sul muro diventa un’ombra e si sgretola per la delusione e il ribrezzo di aver amato e ammirato un uomo del genere. 

 

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